Questa breve storia nasce per un contest risalente al 2005.
"Komikazen festival": del fumetto di realtà, organizzato dall'Associazione Mirada di Ravenna.
Contest un po' atipico perché nobile e lodevole partire dall'opera cinematografica e in particolare dalla Battaglia di Algeri, del grande Gillo Pontecorvo, per trattare della guerra e dell'oppressione militare e coloniale in terra africana ma alquanto discutibile in termini di comunicazioni in merito ai partecipanti al concorso.
Non mi dilungherò troppo sull'argomento, dico soltanto che quando tutti e i pochi partecipanti diventano all'unisono meritevoli di essere esposti, bisogna farsi venire qualche dubbio sull'auto-referenzialità di manifestazioni come questa.
La conferma: l'allestimento di tutte le tavole, fotocopiate (presumo dalle foto-perchè mai ricevuto info) infilate come messaggi di un naufrago in delle bottiglie a mò di installazione.
L' idea di per se non dispiace, ma non può essere l'unica possibilità di fruizione di brevi storie che hanno dietro un lavoro di sceneggiatura e impaginazione non indifferente..
Per l'appunto a seguire lo script di un lavoro pensato solo per immagini e come ulteriore omaggio alla sorella arte sequenziale del grande schermo:
I SEGNI
DELLA CASBAH
di
Francesco Conte
Sceneggiatura e
sintesi per immagini
tratte da “La
battaglia di Algeri”di Gillo Pontecorvo
PRESENTAZIONE DELL’OPERA
PROLOGO
Nel cuore della notte una casa viene
circondata da un gruppo di miliziani.
La prima vignetta, raffigurata
dall’alto, introduce gli stivali in corsa dei soldati.
Con una sequenza di campo allargato gli
uomini del colonnello Mathieu si dispongono di copertura vicino
l’ingresso.
Queste prime visualizzazioni vengono
raffigurate con una prospettiva aerea che, ripetuta con costanza e
precisione nelle deformazioni delle immagini, denota la cifra
stilistica dell’intera storia. Questa rispecchia anche una
provocatoria presa di posizione nei confronti del lettore che, al
cospetto di filmati violenti trasmessi quotidianamente dai mezzi di
informazione, rimane distaccato e fermo in una sorta di sopraelevata
posizione neutrale che non permette mai una concreta occasione di
partecipazione agli eventi.
All’interno della casa Alì La
Pointe, si accosta alla porta cercando di guardare attraverso una
fessura tra le tavole di legno. L’occhio raffigurato molto da
vicino viene abbagliato, lasciando il posto al colore neutro del
foglio.
TAVOLA N. 2
Il titolo della storia appare con un
grande segno dell’iconografia algerina in trasparenza.
Nel primo riquadro l’occhio di un Alì
La Pointe bambino restringe le palpebre come infastidito dalla vista
di qualcosa; campo largo su quest’ultimo appena uscito da una
strettoia adombrata della Casbah.
Dall’alto la consueta sovrapposizione
di tendaggi o di grosse ceste di vimini, che si confondono con una
folta folla di gente.
Di inconsueto vi è una ripartizione
delle strade del mercato con separatori a nastro estensibile rosso e
bianco della “GLOBAL SIMBOLOGY” oppure una capeggiante insegna al
neon della “CASBAH MARKET”.
Il tradizionale cuore e centro
nevralgico della città algerina diventa la metafora di un’
apparente resa nei confronti di un mercato pubblicitario e
consumistico globale che vede prevaricare i paesi capitalisti ed
occidentali.
TAVOLA N. 3
Alì La Pointe bambino, si avvicina ad
un mendicante seduto per terra e circondato dalle sue piccole
sculture in legno.
Dalla tasca il ragazzo estrae un gatto
realizzato in maniera un pò rudimentale, mostrandolo all’artigiano
con grande orgoglio.
Repentino e imprevedibile il calcio
della pistola del colonnello Mathieu colpisce l’uomo, facendo
volare per terra la piccola scultura in legno.
TAVOLA N. 4
Da questa vignetta più ampia delle
precedenti si vede l’accalcarsi della folla.
Ad un sorriso sardonico dell’ufficiale,
inquadrato in primo piano e dall’alto, il mendicante tiene
stretto a sé il bambino, cercando di proteggerlo da nuove azioni di
ritorsione.
Calpestando e rompendo con violenza
tutte i manufatti esposti per terra, il colonnello predispone un
attendente a munire l’algerino di prodotti più consoni rispetto al
cosiddetto “mercato globale”.
TAVOLE N. 5 e 6
In men che non si dica, un banchetto di
plastica della Global Simbology viene allestito davanti gli occhi
sbigottiti dei presenti.
Con una zoommata stretta e come se
fossero usciti dal nulla, vengono disposti cappellini, magliette,
polsini, ciondoli e catenine recanti un famigerato e conosciuto
simbolo di piantina di marijuana.
A dei prodotti della creatività
artigianale, la milizia contrappone la serialità accattivante e
sterile della produzione industriale e aziendale.
Il mendicante riverso ancora per terra
reagisce con un moto di ribellione.
Lo sparo di un’arma da fuoco blocca
tutti i presenti.
Il piccolo Alì stringe forte al petto
la camicia in una morsa serrata.
EPILOGO
Si ritorna di nuovo davanti l’ingresso
della casa di Alì Le Pointe.
La porta si apre.
Senza opporre resistenza Alì, non più
bambino ma uomo baffuto esce nel cortile abbagliato dall’ufficiale.
Stretto primo piano sull’algerino,
che lascia trapelare un leggero sorriso.
Particolare sull’arma estratta dalla
fondina del miliziano.
Alì raffigurato a mezzo busto apre la
camicia all’altezza del petto.
Su quest’ultimo un tatuaggio di un
gatto stilizzato come nell’iconografia tradizionale.
Uno sparo!
Per chi volesse tornare indietro e riguardare la sequenza solo per immagini, invito a farsi accompagnare dal soundtrack del film. Opera del grande Morricone
Ancora appunti, referenze foto-cinematografiche e bozzetti preliminari
Infine, a dare la giusta "dignità" di lettura alla storia, oltre a questo lungo post, ci ha pensato l'associazione Fumettomania Factory che l'ha pubblicata sulla sua storica rivista.
Un numero interamente dedicato alla guerra!
Il video, le immagini tratte dal film e le tavole sono coperte da Copyright.
Ne è vietata la copia e divulgazione soprattutto per scopi commerciali.
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